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PMI: crisi finanziaria e ripresa delle PMI italiane

 
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La crisi cambia l'idea di credito

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08 ottobre 2009

«Perché Ikea è svedese? Che cosa ha in più di noi?».
La domanda, che in apparenza c'entrava poco con il dibattito in corso ieri all'Assolombarda, in realtà ha colto bene l'essenza dei problemi emersi all'incontro pubblico svoltosi in concomitanza con l'accordo fra la maggiore territoriale di Confindustria e Intesa-Sanpaolo, per un plafond di 350 milioni di euro finalizzati al sostegno del circolante e al rafforzamento patrimoniale delle Pmi della provincia di Milano.
A formulare la questione è stato Luigi Lucchetti, presidente di Piccola Impresa di Assolombarda, che ha messo così sul piatto alcune delle questioni che attanagliano il capitalismo molecolare italiano, nel pieno di una crisi che lo sta mettendo a dura prova: la debolezza finanziaria, la sottopatrimonializzazione e la scarsa propensione alle aggregazioni.
Un deficit, quest'ultimo, da superare. «Il taglio dei costi - ha detto Giuseppe Morandini, presidente di Piccola Industria - è una via spesso già praticata. Dunque, diventa essenziale riuscire a fare, anche con micro dimensioni, economie di scala. Da qui, la necessità di realizzare aggregazioni. La selezione o la compie brutalmente il mercato o la gestiamo noi aumentando le nostre dimensioni».
Dunque, dall'incontro di ieri, è scaturita la consapevolezza che l'idea del credito e della relazione fra banca e impresa uscirà da questa recessione completamente modificata. «È fondamentale - ha affermato Corrado Passera, Ceo di Intesa-Sanpaolo - usare la parola "insieme". Da questa recessione, dobbiamo uscire "insieme". E dobbiamo imparare a lavorare meglio, nel rapporto fiduciario che lega noi banchieri e voi imprenditori».
Un atteggiamento che riguarda tutte le controparti, incluse le imprese che devono imparare a operare con più trasparenza fornendo numeri e chiarendo strategie, quando chiedono soldi alle banche, più di quanto non facciano adesso. Una posizione collaborativa condivisa da Alberto Meomartini, presidente di Assolombarda: «Dalla crisi si esce mettendo a fattor comune i sistemi finanziari, economici e politici».
Mentre le aziende devono impegnarsi singolarmente a effettuare il salto culturale che le faccia abbandonare il loro nanismo, c'è un piano generale su cui operare per rimediare, senza cadere negli eccessi di interventismi neostatalisti, alle loro croniche fragilità.
«La moratoria e i fondi di garanzia vanno bene - ha detto il rettore dell'Università Bocconi, Guido Tabellini - ma tutte le misure rispettino il principio che, a decidere a chi erogare il credito, sia la banca e soltanto la banca». (P. Br.)

08 ottobre 2009
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